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Il Lago Vittoria non è solo il più grande lago tropicale del mondo, ma possiede anche un microcosmo molto particolare. Nelle sue acque, fino al 1954, nuotavano numerose specie di pesci, alcuni dei quali (ad esempio il furu) ancora poco studiati. Dalla fatidica data citata, le cose cambiano radicalmente: per motivi ancora non del tutto chiari (o forse chiarissimi) viene introdotta, nel lago la parca, un pesce predatore. Improvvisamente la ricca fauna lacustre cambia, e la parca si ritrova ad essere, con la sua enorme mole, la regina indiscussa del lago e il motore trainante dell'economia locale. Fiorisce la pesca, la lavorazione e l'esportazione del prodotto. Cargo europei, russi e a volte anche americani, ogni giorno affollano il piccolo aeroporto locale per caricare tonnellate di pesce. Ma una domanda, a questo punto, sorge spontanea: visto che la popolazione locale vive ancora in uno stato di indigenza assoluta, come vengono pagati i carichi spediti in ogni parte del mondo?
Il documentario-inchiesta presentato alle Giornate degli autori di Venezia cerca di gettare un necessario cono di luce su questa spinosa questione. Vengono intervistati i pescatori (spesso ragazzi), i proprietari delle fabbriche che lavorano il pesce, i ministri africani, i piloti russi. Il quadro che si delinea è tutt'altro che rassicurante: da quando è stato introdotto questo pesce, la popolazione locale ha dovuto far fronte a molteplici morti (quelle dei pescatori) che provocano un incremento della prostituzione (le vedove cercano di sfamare in ogni modo i figli) e una conseguente diffusione dell'HIV e dell'AIDS. Ma mentre qui la miseria e la fame dilagano e le malattie si estendono in maniera impressionante, nel resto del mondo arrivano costosissimi filetti di parca ben lavorati e saporiti. In cambio di cosa?
L'ipotesi (tra l'altro confermata da alcuni testimoni…e a intuito molto plausibile) del regista è che i cargo che si recano sulle sponde del Lago Vittoria per caricare il pesce, non arrivino vuoti ma "carichi di meraviglie": kalashnikov, munizioni, addirittura carri armati che vanno a rifornire gli incalcolabili focolai di guerra sparsi per tutta l'Africa. Il modo di condurre l'inchiesta è semplice e diretto, non ci sono domande trabocchetto o spie segrete, il regista intervista boss locali e prostitue con la stessa naturalezza e semplicità e il risultato oltre che toccante e commovente risveglia quello sdegno e quell' indignazione che a volte dimentichiamo di tirar fuori.
Il documentario-inchiesta presentato alle Giornate degli autori di Venezia cerca di gettare un necessario cono di luce su questa spinosa questione. Vengono intervistati i pescatori (spesso ragazzi), i proprietari delle fabbriche che lavorano il pesce, i ministri africani, i piloti russi. Il quadro che si delinea è tutt'altro che rassicurante: da quando è stato introdotto questo pesce, la popolazione locale ha dovuto far fronte a molteplici morti (quelle dei pescatori) che provocano un incremento della prostituzione (le vedove cercano di sfamare in ogni modo i figli) e una conseguente diffusione dell'HIV e dell'AIDS. Ma mentre qui la miseria e la fame dilagano e le malattie si estendono in maniera impressionante, nel resto del mondo arrivano costosissimi filetti di parca ben lavorati e saporiti. In cambio di cosa?
L'ipotesi (tra l'altro confermata da alcuni testimoni…e a intuito molto plausibile) del regista è che i cargo che si recano sulle sponde del Lago Vittoria per caricare il pesce, non arrivino vuoti ma "carichi di meraviglie": kalashnikov, munizioni, addirittura carri armati che vanno a rifornire gli incalcolabili focolai di guerra sparsi per tutta l'Africa. Il modo di condurre l'inchiesta è semplice e diretto, non ci sono domande trabocchetto o spie segrete, il regista intervista boss locali e prostitue con la stessa naturalezza e semplicità e il risultato oltre che toccante e commovente risveglia quello sdegno e quell' indignazione che a volte dimentichiamo di tirar fuori.