dal Manifesto…
I primi interrogatori tra lunedi e ieri sera, ma molti avvisi sarebbero in arrivo nelle prossime ore. In tutto gli indagati sarebbero un’ottantina, tanti quante furono le persone identificate il giorno della rioccupazione del centro sociale «La Torre» di viale Rousseau terminata con una violentissima carica della polizia. I capi d’imputazione sono diversi e pesantissimi: associazione a delinquere, lesioni e oltraggio a pubblico ufficiale, grida sediziosee, violazione di sigilli. E’ il coronamento del teorema di Alleanza nazionale: centri sociali uguale delinquenza comune.
Prelevati all’alba
«La cosa grave che sta facendo la polizia -denuncia uno dei legali dei giovani, Arturo Salerni – è che i ragazzi vengono prelevati a casa e portati prima nei commissariati di zona per l’identificazione, poi vengono trasferiti in questura, di via Genova, per le foto segnaletiche e le impronte digitali». Tra gli indagati, oltre a ragazzi della Torer ci sarebbero anche esponenti di altri centri sociali.
Ci furono incidenti, il reato più grave contestato dalla questura è ovviamente quello di associazione a delinquere: «E’ un’accusa che non sta in piedi, cadrà presto – dice l’avvocato Salerni – ma è molto significativa: indica infatti una volontà persecutoria nei confronti dei centri sociali».
Cosa succederà ora? La vicenda della Torre è passata dalla pretura alla procura della repubblica presso il tribunale. Se gli imputati saranno rinviati a giudizio, al processo rischiano dai tre ai sette anni di carcere. Ieri i legali dei centri hanno incontrato anche il magistrato Amato, il quale avrebbe espresso la volontà di accogliere la richiesta di dissequestro della Torre fatta sia dagli ex occupanti che dall’avvocatura comumale. Per oggi è attesa la sentenza del tribunale delle libertà.
An canta vittoria
Benzina sul fuoco la getta volentieri An. Che, dopo la pessima figura fatta la settimana scorsa con la manifestazione (150 persone in tutto) contro il centro sociale, ieri ha ripreso fiato grazie all’azione della questura. Il partito di Fini, non avendo forse troppi argomenti da spendere a Roma, sta giocando le sue carte contro Rutelli usando l’anello più debole e, allo stesso tempo, più insidioso della politica sociale del comune: il rapporto con i centri. Questa volta è il n°2 di AN, Storace, che interviene: con una delirante interrogazone al ministero dell’interno, chiee di sapere quali sono stati i motivi che hanno spinto la giunta a fare gravi dichiarazioni contro la magistratura e se dietro il loro comportamento teso a giustificare l’odio e la violenza, non ci siano calcoli politici per mantenere la maggioranza.
Assemblea dei centri.
I centri sociali ieri sera hanno tenuto un’assemblea al Villaggio globale dopo aver incontrato nel pomeriggio il presidente della commissione politiche sociali del comune Bartolucci, al quale hanno ribadito la necessità di un’azione più energica contro i molteplici attacchi alla delibera sugli spazi occupati, sulla quale si stanno esercitando oltre ad An, fantomatici comitati di quartiere, esponenti della magistratura, la polizia.
Lettera comparsa sul Manifesto del 1 agosto 1995
dal titolo “l’emergenza centri sociali”
I centri sociali nascono, a Roma come nelle altre città, caratterizzati da una situazione di precarietà e di conflitto continuo con le amministrazioni locali che, per anni, ha tolto tempo ed energie ai confltti sociali di cui erano espressione. Negli anni 90sulla spinta dell’esigenza di uscire da questa precarietà, alcuni CSOA di Roma hanno proposto per mezzo di una petizione popolare, un percorso finalizzato al riconoscimento della loro esistenza. L Le idee fondamentali di questo percorso che tutt’oggi riconosciamo valide sono state il censimento e il riutilizzo del patrimonio pubblico e il riconosciniento del valore politico e culturale del centro sociale. Questa proposta di delibera avrebbe garantito ai CSOA romani un campo di azione e di attenzione più ampio rispetto ad una politica cociale, dal basso, nella città.
Il testo approvato dalla giunta comunale il 2 febbraio 1995 snatura, secondo noi, il valore politico della delibera stessa con l’allargamento della possibilità di assegnazione e regolarizzazione degli spazi occupati ad ogni tipo di realtà abusiva a Roma e, con l’aggiunta di un largo numero di clausole che non garantiscono l’esistenza alla totalità dei centri sociali romani. Abbiamo occupato l’ex ristorante-pizzeria «La Torre» a giugno del ’94, inserendoci nel percorso già avviato dalla delibera ed abbiamo richiesto l’assegnazione dello stabile, ritendola importante poiché garantisce un margine di maggiore stabilità alle nostre attività. Nonostante questi presupposti, il l6 gennaio del ’95 siamo stati sgomberati, per motivi di ordine pubblico, a fronte di un provvedimento,sollecitato dalle denunce di un esiguo gruppo di abitanti del quartiere, vicino ad An. Con 1o sgombero di gennaio è venuto alla luce l’attacco della destra, e, di conseguenza al dialogo intrapreso con la giunta comunale. Quest’attacco mira a isolare il lavoro dei CS criminalizzandoli e riducendo quelli che sono problemi sociali e politici a questioni di ordine pubblico.
Per mancanza di esperienza politica e per la situazione di stasi venutasi a creare per l’imminente approvazione della delibera, allora, non siamo riusciti a stimolare e gestire una mobilitazione unitaria da parte di tutti i centri sociali di Roma; d’altra parte, il comune di Roma, non ha voluto affrontare politicamente la questione della Torre, arrivando ad una soluzione tecnica che si è dimostrata inefficace e temporanea. Siamo rientrati a febbraio, nonostante la clausola che prevedeva un immediato intervento di ristrutturazione da parte del comune.
Il nuovo sequestro
Il 30 giugno per motivi di instabilità il locale è stato nuovamente sequestrato, ignorando la perizia comunale dell’11 febbraio ’95 che decretava la stabilità dell’edificio e la necessità di lavori secondari. In questa occasione siamo stati in grado di costruire con maggiore determinazione un percorso politico con gli altri C.S. di Roma, che ha messo in evidenza le caratteristiche e gli strumenti propri dell’esperienza dei CSOA, al di là delle divisioni create dal percorso della delibera e che ha portato all’occupazione del 4 luglio.
Dopo 3 giorni, la polizia ha per la terza volta fatto irruzione nel C.S. distruggendo strutture e materiali faticosamente realizzati in un anno di occupazione, appenendo i sigilli. La risposta del movimento arriva l’11 luglio: una nuova occupazione ha ribadito con forza la determinzzione a difendere, anche fisicamente, i valori dell’occupazione e dell’autogestione, dall’inaudito attacco militare gestito dal questore Sucato. lo sgombero effettuato lo stesso giorno ha visto 68 identificazioni, trasformate poi in 85 denunce, con varie imputazioni, tra cui associazione a delinquere. Il giorno dopo 2/3 mila persone hanno sfilato pacificamente per le vie del quartiere Casai dei Pazzi, esprimendo anche la solidarietà di coloro che fino a quel momento non avevano voluto o saputo schierarsi. Crediamo che, in questa vicenda come in molti altri aspetti dell’amministrazione della città, non stiamo costruendo un’intesa politica e un dialogo reale con questa giunta, ma il nostro rapporto sia semplicemente strumentale. Perciò pensiamo che l’unità dei movimento vada ricercata nella ridefinizione delle basi comuni, piuttosto che nella volontà di cercare un referente politico in chi ha dimostrato voler gestire tecnicamente le situazioni di disagio e di conflitto sociale, sulla scia di una politica di normalizzazione.
Lanciamo per settembre una mobilitazione forte ed unitaria che restituisca un maggior peso all’azione politica e sociale svolta dai C.S., che abbia come presupposto la difesa di ogni spazio occupato e autogestito e che porti quindi alla definitiva rioccupazione della Torre.
CSOA LA TORRE