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Giornali 11 luglio ’95

Corriere della sera

La Stampa

La Repubblica
Tre ore di guerriglia. Nuovo sgombero per La Torre. A Talenti blocchi stradali e sassaiole tra polizia e militanti del centro sociale.
Sassi e lacrimogeni. Cassonetti in fiamme elicotteri a volo radente, barricate abbattute con la ruspa e autobus spostati in mezzo alla strada. La Nomentana paralizzata, il traffico di tutta la zona in «tilt» mentre lo scirocco spargeva folate aspre di gas fino a piazza Sempione.
Scene da guerriglia urbana per tutto il pomeriggio dopo la rioccupazione della Torre, sgomberata venerdi scorso su disposizione del magistrato. Dopo tre ore di battaglia e una lunga trattativa, una sessantina di giovani hanno accettato di lasciare il vecchio edificio (un ristorante abbandonato che il Comune ha già deciso di assegnare ai giovani del Centro sociale) a gruppi di tre. Nessun ferito grave tranne due ragazze che, nel pieno degli scontri, sono andate a sbattere, col motorino, contro una volante. Si è concluso così, almeno per ora, l’ultimo capitolo di una vecchia questione che, dopo mesi e mesi, sembrava ormai avviata verso una soluzione incruenta. Una sorta di «caso Leoncavallo» romano iniziato circa un anno e mezzo fa, quando il brutto palazzetto rossiccio, a forma di fiasco, venne occupato dai giovani del centro per la prima volta. Murales alle pareti, concerti «autogestiti» di rock duro, perfino tornei di briscola per la gente del quartiere.
Sgombrato e nuovamente occupato più volte, l’edificio è destinato, ufficialmente, dal comune ad «attività sociali» e affidato in custodia ai giovani del centro. Ma venerdì pomeriggio arriva l’ordine di evacuazione, motivato secondo il pretore D’Amato, dal fatto che i locali sono pericolanti. «Una valutazione che il comune non condivide affatto» sostiene Mau-nizio Bartolucci, presidente e della commissione politiche sociali del comune di Roma, intervenuto sul posto investe di mediatore «secondo la nostra perizia, il centro era agibile».
Dopo quattro giorni di quiete, ieri pomeriggio, un gruppo di circa settanta ragazzi ha rotto la catena che chiudeva il canceilo e siè barricato all’interno non prima di aver diramato ai giornali una nota dai tono bellicoso, firmato da 13 centri sociali romani. «Siamo rientrati nel centro sociale in via Rousseau, al quartiere Talenti, determinati a rimanervi. Resisteremo a qualsiasi tentativo della Polizia di negarci l’elementare diritto ad uno spazio».
Ma reazione della polizia e dei carabinieri è stata durissima. Il gruppo di militanti rimasto fuori, a presidiare l’ingresso, è stato caricato quasi subito e un blindato che avanzava a passo d’uomo verso il cancello, è stato respinto da un lancio fittissimo di mattoni e barattoli di vernice. Passamontagna sul viso, sprange e bastoni in pugno,gli occupanti hanno bloccato l’entrata e appiccato il fuoco a cataste di legno e di detriti mentre, nelle strade del circondario – via Graf, via Grazia Deledda e viale lonio – è iniziato un carosello di inseguimenti, sassaiole, cassonetti bruciati, lancio di lacrimogeni. La Nomentana, all’ora di punta, è stata paralizzata da un sit-in improvvisato e da due mezzi dell’Atac che sono stati messi di traverso al centro della carreggiata. Poi, quando tutto lasciava presagire l’assalto finale, il clima si è placato. Sul posto sono arrivati il questore Vincenzo Sucato, il colonnello Leonardo Gallitelli, comandante della Regione carabinieri Lazio, il capo della Digos, Marcello Fulvi, il colonneUo Franco Mottola e, in una parola, il «Who’s Who» delle forze di polizia romane.
L’avvocato Antonia Di Maggio, che assiste i ragazzi del centro, ha ottenu-o una serie di condizioni per la «resa»: uscita piccoli gruppi, identificazione e denuncia per un reato di poco conto. Il comune, intanto, ha presentato un’istanza di dissequestro. Tutto risolto, almeno fino alla definitiva destinazione della Torre. O alla prossima occupazione.

L’Unita’

IL MESSAGGERO


Sei ore di guerriglia, con barricate e feriti.
Occupata “La Torre”, interviene la polizia: Finimondo.
Nomentana bloccata con i bus.
Sono le otto di sera, i leoncavallini abbandonano La Torre passando per uno stretto corridoio di poliziotti e carabinieri che li identificano prima di lasciarli andare. Si sono arresi, ma non hanno l’aria dei soldati sconfitti, nella pancia gli bolle la rabbia e la voglia di rivincita gliela leggi negli occhi.
Pomeriggio da cani a Casal de’ Pazzi, pezzo di città ai confini con San Basilio. Gli indiani del centro sociale la Torre hanno per la quarta volta rioccupato la loro casa e per la quarta volta le giacche azzurre li hanno buttati fuori. Le prime tre volte era filato tutto liscio, la quarta è successo il finimondo: polizia e carabinieri si sono presentati come fosse lo sbarco in Normandia, hanno assediato i ribelli e poi li hanno bombardati di lacrimogeni. Dalle barricate che ricordavano quelle delle cinque giornate di Napoli i ragazzi al principio hanno resistito, poi si sono arresi. E sulla Torre è stata ammainata la bandiera rossa ridotta uno straccio. Strano destino quella della Torre ex villa in campagna di Farinacci, il capo dello squadrismo fascistà più puro e duro, diventata dopo più di mezzo secolo il tempio dei rossi leoncavalimi romani.
Pomeriggio da cani, sei ore di guerriglia metropolitana come negli anni di piombo. E’ finita con due feriti, due ragazze, Sonia e Laura, travolte da una volante, e un ragazzino di colore sanguinante per le manganellate. Sei ore di paura, la Nomentana paralizzata da bus e cassonetti messi di traverso, migliaia di persone per strada: e un pugno di ragazzi che lassù sulla cima della collina non volevano mollare l’osso, La Torre che un anno fa avevano occupato per farci il posto dove incontrarsi, dove stare insieme, dove fare branco per sentirsi meno soli, meno abbandonati, meno disperati.
Erano duecento circa i ragazzi che hanno sfidato l’ordinanza di sgombero firmata dal sostituto procuratore Amato. Era un piccolo esercito (decine di automezzi, circa cinquecento tra poliziotti e carabinieri e due elicotteri) quello inviato a far rispettare la legge. L’ex villa di Farinacci, esemplare testimonianza di architettura fascista, è da tempo proprietà del Campidoglio e da quando è diventato un centro sociale tante e tante volte ai leoncavallini era stato promessa a chiacchiere l’assegnazione. E sicuramente l’altalena del Campidoglio sta dietro il pomeriggio da cani. E proprio ieri era prevista una riunione in Prefettura, un altro buco nell’acqua però, perchè l’assessore Canale non s’è presentato.
Contro quei ragazzi sono state firmate anche petizioni: mandateli via, occupano abusivamente e fanno casino, disturbano la quiete del quartiere. Ma non tutti la pensano così, c’è chi ii li difende: stanno lassù sulla collina, non danno fastidio a nessuno e poi da qualche parte dovranno pur stare i nostri figlioli. Il momento più caldo è stato intorno alle sette, quando un contingente di celerini in assetto da combattimento hanno preso isolato l’ex villa, pronti all’assalto finale. E’ stato a questo punto che il Campidoglio s’è fatto vivo con il presidente della commissione Alfari sociali Maurizio Bartolucci che è andato a parlamentare con gli assediati riuscendo alla fine a convincerli a abbandonare il centro sociale con la garanzia che non sarebbero stati arrestati, ma solo denunciati. E solo settanta a tarda sera era il numero complessivo dei denunciati. «La trattativa per l’assegnazione era a buon punto, stava andando bene. Non capisco proprio la necessità di far intervenire le forze dell’ordine», ha detto ai cronisti alla fine.
A Casal de’ Pazzi le operazioni di polizia erano dirette dal questore in persona Vincenzo Sucato e dal comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Leonardo Galiteili. Tutto è cominciato vers’o le tre del pomeriggio quando un gruppo di giovani ha bloccato due autobus, ha fatto scendere passeggeri e autista, piazzandoli di traverso sulla via Noinentana. Intanto nella zona convergevano in forze carabinieri, polizia e anche i mezzi dei vigili del fuoco. Gli scontri sono cominciati un paio d’ore dopo quando i leoncavallini si sono barricati nel centro socia le. E dalle barricate lanciavano, sassi, bottiglie e tutto quello che avevano a portata di mano contro la polizia. «Anche noi abbiamo rischiato brutto», ha raccontato un agente che stava in prima linea. «Una decina di loro ci sono venuti addosso con mazzette e martelli…». In serata dall’ospedale il bollettino medico sulle condizioni delle due ragazze ferite. Sonia si è rotta il femore, Laura ha denti e naso rotti.

IL MANIFESTO
La polizia attacca la Torre. Ferite due ragazze.
E’ finita. Il lavoro di un anno è saltato tutto in un assurdo pomeriggio di polizia nel quartiere Talenti. L’inferno intorno ai centro sociale «La torre», è scoppiato verso le 17: la struttura di via Rousseau, sgomberata la settimana scorsa su ordine di un magistrato «ligio al dovere», è stata appena rioccupata da un centinaio di giovani, «determinati a riprendersì il diritto ad uno spazio.Ma la questura è più determinata di loro: alle 17.30, mentre nel raggio di due chilometri si scatena la caccia all’uomo, sul cielo di Montesacro volteggiano due elicotteri, un altro arriverà più tardi; le strade sono completamente chiuse da decine di blindati, il traffico impazzisce: dai mezzi scendono carabinieri e poliziotti, agitatissimi, spingono, insultano chiunque si avvicini. Le volanti schizzano veloci tra la gente e centrano in pieno due ragazze su un motorino che cercano di raggiungere il centro sociale; vengono portate ne1 vicino ospedale, una di loro ha una gamba rotta.
Ma è solo l’inizio: l’altro fronte di guerra è davanti al centro sociale assediato. Sembrano le scene surreali di un film americano. La carica è violentissima, la polizia spara lacrimogeni a raffica, che incendiano le sterparglie intorno al centro; l’aria è irrespirabile, qualcuno si sente male ma l’ambulanza non arriva. Dall’altra parte della barricata la reazione è altrettanto dura, ma a colpi di secchi di vernice e sass. Un blindato tenta di sfondare il cancello, ma rimane appeso sulla barricate fatta di pezzi di ferro e armadi: viene ricacciato indietro.
Ma la sproporzione è troppo forte, resistere è impossibile. La polizia, che ha già sgomberato tre volte il centro sociale, vuole farla finita. Si stringe a cerchio e prepara la seconda carida; stavolta anche con una ruspa al seguito. Arrivano, fina-mente i responsabili del comune, accolti con fischi dai ragazzi barricati nel centro, dove l’odore acre dei lacriniogeni costringe tutti fuori. Inevitabile, arriva la mediazione. I ragazzi, dopo una breve assemblea decidono di uscire, vengono identificati e denunciati.
Sono ormai le 20 il presidio di giovani in via Nomentana si è ingossato di rabbia e impotenza. za. Non capiscono l’accanimento del magistrato Amato contro il centro sociale. Anche il capo di gabinetto del comune, Barrera, rilascia l’ennesima nota di protesta contro chi «soffia sul fuoco della tensione ostacolando la via del dialogo e della responsabilità».
Ma i rapporti tra centri sociali e Campidoglio, ben avviati un anno fa con la delibera per l’assegnazione delle strutture occupate, sembrano ormai compromessi.

Sgombero luglio ’95

Ricostruzione visiva:

Comunicato 2 maggio 1997

CHE COSA SUCCEDE ALLA TORRE?

In 3 anni di occupazione e autogestione il Csoa La Torre ha promosso iniziative di carattere culturale, sociale e politico di diverse nature, tese a soddisfare bisogni troppo spesso trascurati, e più in generale, a fornire la possibilità di una lettura diversa dell’esistente. Obiettivo primario era rompere il sistema della mercificazione della socialità, mantenendo i costi delle varie attività sempre accessibili a tutti. Molte sono state le persone che hanno partecipato attivamente alle nostre iniziative, creando i presupposti per la costruzione di progetti che non rimanessero tali ma si traducessero in un lavoro radicato e duraturo nel tempo.
Eppure in 3 anni di occupazione il Csoa La Torre ha subito continui attacchi: inizialmente la Magistratura, nella persona del giudice Amato pilotato in maniera evidente da AN, ha ordinato lo sgombero violento, al seguito del quale 85 compagn@ sono stati identificat@ e denunciat@. In quella circostanza (11 luglio 95), Il comune e la quinta circoscrizione, ipocritamente espressero una dura condanna nei confronti dell’azione della Magistratura assicurando agli occupanti la rapida assegnazione dllo stabile. A istanza di 2 anni lo stesso comune ha emesso un’ordinanza di sgombero nei confronti del CS (gennaio 97) adducendo come motivazione l’esistenza di un vincolo architettonico stabilito dalla Sovraintendenza dei Beni Culturali (decreto del 27.4.97) che ha affidato la tutela dell’edificio al comune. Dopo la mobilitazione da parte degli occupanti, il comune ha sospeso temporaneamente l’ordinanza. Il vincolo dei Beni Culturali impedisce ogni intervento di ristrutturazione da parte degli occupanti. Essendo il comune proprietario e tutore dello stabile e dovendo garantire (legalmente) la ristrutturazione, utilizza lo stesso vincolo come motivazione per togliere di mezzo gli occupanti. Appare chiara la “tela di ragno” che comune e istituzioni hanno nel tempo tessuto, andando a creare una situazione che di fatto avrebbe come unico sbocco la cessazione delle attività dell Torre.
Per l’ennesima volta il comune si sottrae alle proprie responsabilità, come ha già fatto in passato, andando ad affrontare il discorso della Delibera 26, come una serie di casi singoli e non come riconoscimento politico dell’esperienza dei CS, creando divisioni e fratture.
Nel nostro caso il comune, pur avendo affermato la volontà ed avendone avuta la possibilità politica (del. 26) di farlo, non ha proceduto all’assegnazione dello stabile al collettivo che da 3 anni ci lavora, dilatando volutamente i tempi; infatti con l’apposizione del vincolo, il comune è riuscito a sottrarsi di fatto al proprio ruolo di referente politico, ponendoci di fronte ad un bivio:
ordinanza di sgombero effettuata dalla Magistratura sotto richiesta della Sovraintendenza Statale o l’assegnazione di un posto alternativo.
Il comune con la proposta di un posto alternativo, cerca di sanare in modo strumentale un conflitto che si verrebbe a creare.
Pur non credendo che tale proposta sia un riconoscimento politico, pensiamo che ad oggi una difesa del posto sia impraticabile, in quanto non esistono né margini di trattativa né una reale potenzialità di mobilitazione da parte dei CS e delle altre realtà autorganizzate romane; inoltre metterebbe a rischio la posizione legale già compromessa dei compagni denunciati nel luglio 95.
Due prospettive ci si sono poste davanti:
rifiutare qualsiasi confronto con un comune responsabile del degenerare la nostra situazione, con un conseguente arresto temporaneo delle attività del CS in previsione di una nuova occupazione, oppure accettare la trattativa per consentire la continuità immediata del nostro lavoro e dei nostri progetti.
Tra queste due prospettive così contrastanti, il Collettivo, a seguito di un ampio e conflittuale dibattito interno, crede che l’aprire una trattativa sia in questo momento l’unica modalità per salvaguardare 3 anni di attività politica e culturale.

L’ASSEMBLEA DI GESTIONE DELLA TORRE